Lavorare con il tempo

Il tempo è un elemento con cui possiamo creare tantissimo materiale, e su cui vale quindi la pena soffermare l’attenzione.

Ad esempio partendo dall’osservazione che tutti abbiamo 24 ore al giorno possiamo immaginare un mondo dove le persone buone hanno più tempo nella giornata, mentre chi si comporta male ne ha meno. Questo cambierebbe un po’ di cose rispetto al mondo a cui siamo abituati, e ci sarà da determinare cosa succede a chi ha meno tempo: dorme un sonno obbligato? Sparisce per qualche ora e poi riappare? Oppure con “avere più tempo” si intendono momenti della giornata di possiamo liberamente disporre?

Se invece decidiamo che per qualcuno sono proprio le giornate ad allungarsi dovremo decidere come risolvere la questione della rotazione terrestre, ad esempio slegando il “giorno” dal movimento della Terra, oppure creando un nuovo pianeta dove mandare i cattivi, con il ciclo di rotazione accelerato.

Un’altra idea sul tempo riguarda il fatto che possiamo iniziare a trattarlo come una merce di scambio, e nel film “In time” si racconta la storia di un mondo in cui dopo i 25 anni si può comprare e vendere il proprio tempo di vita.

Anche i viaggi nel tempo sono un elemento da esplorare e su cui si possono costruire intere storie: “Ritorno al futuro” e “Non ci resta che piangere” sono solo due dei numerosi esempi nel mondo del cinema.

Oppure possiamo partire da osservazioni legate al tempo, come che le persone più anziane sono considerate più sagge, e amplificare questa situazione. Ne potrebbe nascere una società dove i nomi delle persone vengono assegnati una lettera alla volta, una ogni cinque anni di vita. Nei primi cinque anni le persone sarebbero senza nome, poi al quinto compleanno riceverebbero in dono una lettera, al decimo una seconda e così via. In questo modo crescendo le persone avrebbero nomi via via più lunghi e diversi tra loro, per evidenziarne la saggezza e e l'importanza nella società.

E che dire di un mondo in cui il tempo si può accelerare e rallentare a piacimento, per poter saltare parti noiose di una giornata e godersi di più quelle entusiasmanti?

O un mondo in cui non si è mai creato uno standard di misurazione del tempo, e in cui quindi ciascuna famiglia ha un proprio metodo, tramandato di generazione in generazione. Sarebbe facile organizzarsi nel cerchio familiare, ma complicatissimo tra membri di famiglie differenti: potremmo avere così alleanze tra le famiglie con metodi simili o facilmente convertibili, e inimicizia tra famiglie con metodi incompatibili. Ecco che abbiamo creato un mondo dove si stringono patti e si dichiara la guerra in nome del tempo, o quantomeno della sua superiore misurazione.

Le idee sul tempo possono essere infinite, ma tre sono i principali strumenti che utilizzo di frequente riguardo il tempo: Prima e Dopo, Inizio e Fine, e Mentre.

Prima e dopo

Prima e Dopo mi permettono di andare a vedere ai margini di ciò che siamo soliti guardare. Ad esempio posso chiedermi cosa succede subito prima di qualcosa.

Prendiamo un fiocco di neve.

Cosa succede subito prima che si formino i cristalli e il fiocco cada?

Abbiamo una semplice goccia d’acqua? E perché si trasforma in un fiocco di neve? Forse ha paura di cadere velocemente (al contrario di quelle gocce incoscienti che si credono al parco giochi e diventano grandine per cadere più veloci).

E cosa succede subito dopo che il fiocco di neve è arrivato a terra?

Se non c’è abbastanza freddo ritorna acqua, ma cosa succede alle molecole che hanno fatto insieme il viaggio di discesa? Si mantengono in contatto in qualche modo o si perdono di vista?

E i fiocchi che cadono su altra neve si ritengono più fortunati? O temono di finire vicino a fiocchi insopportabili? E se la neve si sciogliesse perché a stare così appiccicati non si sopportano più i vicini?

Il Prima e Dopo possono quindi essere immediati, “subito prima” e “subito dopo”, oppure possono farci guardare in momenti più lontani:

  • Prima che fossero inventata la sveglia come facevano le persone ad assicurarsi di svegliarsi in tempo?
  • Quale dormiglione si assicura che un materasso sia comodo prima che entri in commercio?
  • Come si sente un primo piano di un edificio in costruzione prima che venga costruito il secondo? E dopo, ci rimane male a non essere più il più alto?
  • Cosa pensa un’illustrazione prima di essere ridotta in mille pezzettini per diventare un puzzle? E quando viene rimontata?
  • Cosa succede ad un elettrodomestico quando finisce in discarica? E dove finisce un’idea quando ce la dimentichiamo?
  • Cosa si dice un postino dopo aver consegnato l’ultima lettera della giornata?

Portando il Prima e il Dopo ai rispettivi estremi, arriviamo all’Inizio e alla Fine.

Inizio e fine

Con Inizio e Fine posso andare ad osservare (e immaginare) la genesi e la scomparsa di qualcosa, la cosa più lontana in un verso e anche nell’altro.

  • Quanto sarà sembrato inutile il primo telefono, prima che ne venisse costruito un secondo? E l’inventore, alzando la cornetta, avrà provato a chiamare se stesso?
  • Chi sarà andato a liberare l’inventore della prigione?
  • Quanto insopportabili erano per il signor Morse le persone che picchiettavano le dita sul tavolo? E chissà se gli amici comprendevano il suo fastidio, prima che l’alfabeto fosse formalizzato.
  • Quale è stata la prima strada ad avere un nome? E perché è stata scelta quella strada, e perché quel nome?
  • Cos’ha pensato la prima zanzara incontrando la prima zanzariera? E quanto velocemente si è sparsa la voce della loro esistenza?
  • Quale è la prima nota ad esser stata codificata?
  • Se la polvere da sparo è stata inventata con i fuochi d’artificio, quanto pirotecniche erano le prime battaglie dopo la sua invenzione? Gli eserciti combattevano di notte e vinceva lo scontro chi lanciava razzi più spettacolari?
  • Cosa avrà pensato la prima gallina della storia, rendendosi conto di esser nata prima dell’uovo? E perché nessuno ricorda la sua storia, condannando l’umanità ad un dilemma irrisolvibile?
  • Si sente più sotto pressione la prima frase di un romanzo o l’ultima?
  • Quanto vicina alla fama si sente l’ultima nota prima di un ritornello di successo?
  • L’estremo di una matita contiene la mina solo perché ogni tanto ci divertiamo a temperarla al contrario?
  • Quale punto di un cerchio si sente il primo punto tracciato, e quale l’ultimo? E quanto infinitamente è più chiaro il ruolo dei punti di una linea?
  • Quanto durerebbe una corsa se venisse premiato l’ultimo arrivato?

Prendendo un elemento e andandone ad osservare l’Inizio e la Fine possiamo estrarne indicazioni interessanti, domande curiose e possiamo cambiare il nostro punto di vista a riguardo.

Mentre

In questo caso si tratta di andare a vedere proprio nel momento in cui sta succedendo qualcosa.

  • Cosa succede dall’altra parte del mondo mentre qualcuno starnutisce? Magari niente, o magari si scopre che anche là qualcuno sta starnutendo, e che quindi lo starnutire è un’attività di coppia, che lega una persona con quella a lui più lontana.
  • Cosa pensa un estintore nei periodi in cui non viene utilizzato? È combattuto tra il dispiacere di non essere utile e il senso di colpa di sperare in un incendio? Ma gli basterebbe anche una cosa piccola, tipo un fornello.
  • In che modo si deforma un pallone nel momento in cui viene colpito?
  • Cosa succede ad un comico nel momento in cui formula una grande battuta? Ride?
  • Quanta pressione sente il siparista nel momento in cui deve chiudere il sipario?

Notare come quasi tutti i pensieri mi arrivino nella forma di una domanda. Per alcuni potrebbe non essere così. E in ogni caso la domanda va presa come punto di partenza, non come l’unico quesito a cui dare risposta. È uno stimolo, non un compitino da svolgere.

Prendendo l’ultima domanda posso usare il siparista come spunto, e andare a indagare “nei paraggi”:

  • chi è che gli dà il segnale di chiudere il sipario? Lo sa da solo perché ha assistito a tutte le prove (ed è quindi di fatto parte integrante dello spettacolo)?
  • anche lui si allena nei giorni prima dello spettacolo? Anche quella può essere un’arte: ottenere la velocità giusta, non troppo veloce e non troppo lento, con un movimento fluido e senza scossoni. Non è qualcosa che si improvvisa.
  • prima dell’invenzione del sipario il siparista era colui che chiedeva al pubblico di chiudere gli occhi?
  • esiste una patologia chiamata “la spalla del siparista”?

Da questi spunti potrei poi andare a dedicarmi al suo passato, agli studi fatti, a come ha trovato quel lavoro, a cosa significhi vedere tutti gli spettacoli da dietro le quinte, al suo ultimo spettacolo (L’ultima sipariata) e se uno spettatore attento si accorgerebbe del cambio di siparista…

Usando l'inversione (che vedremo) viene poi da immaginare uno spettacolo dove il siparista è l'artista e la danza del sipario è l’opera messa in scena.

Potrei infine concentrarmi sul sipario, su tutte le forme e i colori che potrebbe avere, i materiali di cui potrebbe essere fatto, tutti i modi in cui potrebbe aprirsi e chiudersi, al rumore che genera nel suo movimento, …

Mi scuso per la divagazione, ma ogni tanto è importante ricordare come nella fantasia qualsiasi elemento può passare dall’essere uno spettatore in ultima fila al protagonista principale, sul palco e con tutte le luci addosso. Basta spostarci sopra l'attenzione e iniziare a compiere operazioni fantastiche.

Io per primo devo resistere la tentazione di ingabbiare la fantasia in una struttura (o elenco di passaggi) e ricordare che la fantasia è un universo formato da tutto ciò che è possibile e anche impossibile. Il nostro approccio non può quindi essere quello del perito che cataloga o dell’amministrativo che esegue una procedura, ma quello del curioso che danzando con il retino cattura idee qua e là, studiandole e combinandole tra loro per creare qualcosa di nuovo.